INFERNO ROSSONERO - MILANO SIAMO NOI - A.C. Milan Forum

Posts written by beto~milan

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    Rafa
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    Gli errori clamorosi degli arbitraggi non possono mai essere accettati in una competizione a punti.
    Ammettere che la squadra non ha fatto bene è comprensibile per tutti, tifosi o meno, ma guardare la classifica e vedere che mancano 5/6 punti sicuramente rubati, di cui quello di stasera, il quale non era a fine partita e quindi non definitivo.
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    Votiamo il migliore e confermiamo con un post.
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    Maignan
    Calabria
    Tomori
    Romagnoli
    Hernandez
    Tonali
    Kessie'
    Messias
    Diaz
    Leão
    Giroud
    Saelemaekers
    Maldini
    Rebic
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    Per la serie: partita giocata male, ma un pareggio condizionato da un var ancora una volta inutile.
    Non meritavamo magari neanche la vittoria, ma in un campionato normale i punti persi contano e sono già troppi in questa fase quando sei primo non solo per grazia ricevuta.
    Sono comunque stanco di attendere ogni volta gli scivoloni della concorrenza.
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    4-0
    Messias, Diaz, Leão, Giroud
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    È quello che è successo. Cronaca.
    Poi ci sono le interpretazioni. Ci mancherebbe altro.
    Resta il fatto che tutti hanno i suoi interessi, specie se sono potenze.
    Quando Hitler ha invaso la Polonia, dando inizio alla Seconda Guerra mondiale, perché l'ha fatto?
    1. Perché la Polonia faceva parte dell'impero austro-ungarico prima?
    2. Per ideologia: aveva l'obiettivo primario di contrastare l'impero sovietico e quindi aprire la strada verso Mosca?
    3. Per interessi economici?

    Comunque sia ogni periodo storico ha la sua evoluzione, rivoluzione e restaurazione.
    Di posizioni che cambiano ce ne stanno eh.
    Resta per me il fatto che i più forti vorranno sempre in qualche modo mantenere i loro domini e influenze.
    Vogliamo parlare dei romani, degli ottomani, dei mongoli, degli zar?
    Conta per me oggi il fatto che Putin è un invasore.
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    Anche l'Unione Sovietica ha intervenuto in Afghanistan e vi ha combattuto una guerra durata un decennio contro i talebani. Non l'hanno invaso però. In quel caso sono intervenuti su richiesta del Governo in carica.
    Invece gli USA l'hanno attaccato e invaso come conseguenza degli attacchi alle Torri Gemelle nel 2001.
    In entrambi i casi non c'erano interessi economici in palio, a quanto pare.
    Quanto all'Iran gli USA hanno un interesse chiaramente geopolitico e ideologico, che riguardano anche la complicata situazione mediorientale. Partner storici dei sunniti dell'Arabia Saudita, direi che sono ampiamente opposti al Regime degli Ayatollah (sciiti) e considerano l'Iran un regime terroristico, che mira la distruzione di Israele. Gli Usa hanno appoggiato per anni la dittatura filo-occidentale dei Pahlavi fino al 79, quando è caduto nelle mani degli ayatollah. Pensare che nella seconda guerra i tedeschi vi avevano interessi economici enormi, finché la sconfitta tedesca che si perpetrava in suolo sovietico indebolì la posizione iraniana, subendo l'invasione degli alleati, diventando un canale di aiuto alleato con rifornimento petrolifero anche all'URSS. Insomma, gli iraniani erano neutrali durante la seconda guerra.
    Magari per lo stesso motivo, nella striscia di Gaza appoggiano gli Israeliani con armamenti, senza interferirvi direttamente.
    La situazione mediorientale è comunque complicata. Pensare che la Siria era stata di dominio ottomano fino alla fine della Prima Guerra, quando Inghilterra e Francia occuparono la regione. Poi è passata al mandato francese che durò circa 25 anni, fino alla fine della Seconda Guerra, quando c'è stata la sua indipendenza dopo mille richieste interne in tal senso. Poi si succederono decine di colpi di Stato, nel mezzo l'ingresso nella Lega Araba per vicinanza politica all'Egitto. Negli anni 60 la linea politica cambiò per un colpo interno al partito di governo: la Siria passò dalla linea panaraba a quella filo-sovietica. Alla fine di quegli anni con la sconfitta nella Guerra dei 6 giorni al fianco dell'Egitto e Giordania contro Israele. Nel 1970 si instaurò il Regime dell'attuale dinastia Assad.
    La guerra nel Donbass è iniziata all'interno dell'Ucraina in una zona con minoranza russa, ma con ampio interesse da parte di Putin per la sua annessione alla Madre Russia. Ci si combatteva una lotta tra filo-occidentali e filo-russi. Questi ultimi, dopo la dissoluzione dell'URSS, non si trovavano economicamente protetti socialmente da un regime socialista, trovandosi in difficoltà economiche. Ma il Donbass, oltre ad essere strategicamente una zona appunto vista da Mosca come avamposto alla ricostruzione della Cortina di Ferro (da questo magari anche il motivo per spingersi oltre fino Kiev), è anche una zona ricca di carbone.

    In conclusioni il mondo è veramente un scacchiere complicato, dove scoppiano infinite Guerre, per interessi ideologici, culturali, politici e economici.
    Ieri stesso ci sono sono stati bombardamenti israelani sulla Siria...

    Edited by beto~milan - 25/2/2022, 15:24
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    1. Hai ragione sulla preoccupazione che ha Putin per un più che probabile ingresso dell'Ucraina nella Nato (non ora, ma quasi sicuramente in programma a medio termine). Comunque sia l'Ucraina è un paese libero e sovrano e ha deciso di stare con l'Occidente per larga maggioranza della sua popolazione.
    2. La Russia all'inizio degli anni 10 ha osteggiato la rivoluzione arancione in Ucraina, cercando di impedire il percorso democratico nel paese.
    3. Prima, nel 2008 con Putin al potere, aveva fatto la guerra (seconda) alla piccola Georgia per difendere i separatisti dell'Ossezia del Sud e Abcasia. Prima ancora, nel 1991, quando si è sgretolato l'impero sovietico, la prima guerra Russia-Georgia che ha finito per mantenere l'Ossezia e Abcasia sotto protezione russa. Dagli accordi pos bellici hanno stabilito una zona sotto protezione da 3 governi insomma.
    4. Nel 2014, aprofittandosi poi del fatto che la Crimea (effettivamente) era sempre stata russa, l'autocrate del Cremlino si è voluto spingersi dentro il territorio interno ucraino per proteggere la zona cuscinetto e filo-russa del Donbass. Se la Crimea era per lui una penisola strategica sul Mar Nero, il Donbass era l'avamposto per una futura annessione dell'Ucraina, ma zona ricca di carbone.
    5. Putin, da buon ex del KGB ha continuato a bombardare mediaticamente l'opinione pubblica Ucraina dicendo bugie sul fatto che ucraini e russi sono lo stesso popolo. Hanno lingue simili, ma solo una parte del Dunbass parlano il russo, dove tra l'altro sono in molti nostalgici del Regime sovietico, anche per via delle loro condizioni economiche non proprio buone. Anche la Chiesa Ortodossa Ucraina non è sotto il Patriarca della Madre Russia.
    6. L'America avrà i suoi difetti e la sua propensione all'imperialismo economico moderno, ma sono loro che sono venuti a combattere in Europa per farla diventare libera dai nazionalismi. Anche con l'aiuto dei sovietici sicuramente.
    7. Mi pare chiaro che ormai da 20 anni, da quando Putin ha preso il potere, non ha mai lasciato dubbi sulla sua vera intenzione, che è quella di tornare indietro nella Storia e rifare la Grande Russia.
    8. Oltre la Crimea, seconde me, non ha nessun motivo per andare oltre i suoi confini, Nato o non Nato in Ucraina, che è un paese sovrano, libero e democratico.
    9. Il dopo Putin non so cosa sarà, ma immagino che buona parte dei russi non volevano questa AGRESSIONE.
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    MERCOLEDÌ 23 FEBBRAIO 2022

    Perché l’Europa è così debole, sull’Ucraina

    C'entra la dipendenza dal gas russo, certo: ma non solo
    di Luca Misculin

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    (Charles Platiau/Pool via AP)

    Prima che la situazione al confine fra Russia e Ucraina precipitasse, la comunità internazionale aveva fatto diversi tentativi per evitare una escalation. Un pezzo dei negoziati era stato condotto dagli Stati Uniti, in quanto leader informali della NATO, la principale alleanza militare dei paesi occidentali. Ma la gran parte degli sforzi era stata affidata ai leader europei. In pochi giorni avevano incontrato o parlato al telefono col presidente russo Vladimir Putin tutti i principali capi di stato e di governo europei.

    Eppure non è servito a nulla. Lunedì Putin ha ordinato al proprio esercito di entrare nei territori dell’Ucraina orientale controllati dai separatisti. Poche ore dopo sono arrivate fermissime condanne dell’operazione, a parole. E in parallelo una serie di sanzioni giudicate troppo timide dagli osservatori ancora prima che venissero ufficialmente approvate. Quasi nessuno si aspetta che l’Europa risolva la crisi in corso. Eppure sarà proprio l’Europa a subirne le conseguenze peggiori, comunque vada a finire: come hanno notato in molti, non esistono più soluzioni davvero accettabili.

    Certo, il rapporto dei paesi europei con la Russia è pesantemente condizionato dal gas. Secondo i dati più recenti di Eurostat, nel 2019 l’Unione Europea importava il 41,1 per cento del suo gas naturale dalla Russia. Ma la dipendenza energetica racconta solo un pezzo delle ragioni della debolezza dimostrata in questi giorni dall’Europa.

    Dalla fine della Guerra fredda l’Europa ha cercato di costruire un nuovo rapporto con la Russia, cercando di avvicinarla sempre di più al modello economico-sociale europeo. «L’obiettivo di questa strategia era una specie di “Russia Europea”», ha spiegato di recente il politologo Dmitri Trenin, direttore del Carnegie Moscow Center: «cioè una Russia che avrebbe progressivamente accettato le norme e i princìpi elaborati dall’Unione Europea nella propria politica, economia e società, e che avrebbe cooperato strettamente con l’Unione nella propria politica estera. In altre parole, hanno immaginato la Russia non come un membro dell’Unione – neppure un candidato, come la Turchia – ma come un partner permanente».

    Questo obiettivo si è ormai sgretolato da una decina d’anni. Da quando cioè si è capito che la Russia di Putin non aveva alcuna intenzione di aderire al ruolo subalterno che l’Europa le aveva ritagliato, e che anzi intendeva restaurare l’antica area di influenza che apparteneva all’Unione Sovietica. Putin lo disse esplicitamente nel citatissimo discorso tenuto nel 2007 all’annuale Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, e lo rese chiaro nel 2008, quando invase l’Ossezia del Sud, in Georgia, per aiutare un gruppo indipendentista filorusso.

    Da allora l’Europa non ha più trovato un approccio condiviso nei confronti della nuova aggressività russa, limitandosi a sperare che prima o poi Putin avrebbe cambiato idea: o dietro la pressione degli abitanti della Russia rurale, povera e indietro anni luce ai paesi europei per qualità della vita, oppure della classe media urbana, desiderosa di replicare il modello di sviluppo occidentale. O ancora, più semplicemente, che Putin rinsavisse.

    Ma Putin in questi anni ha dimostrato di non agire secondo parametri che gli europei considerano razionali. La Russia ha una spesa militare altissima, un’economia che non produce nulla di innovativo o particolarmente richiesto tranne i combustibili fossili, una demografia insostenibile sul lungo periodo. E negli anni Putin ha fatto scelte assai spregiudicate nella propria politica interna ed estera. Eppure è rimasto saldamente al potere, con qualche crepa appena evidente. È evidente che in Russia non si applicano le regole di potere e consenso che invece sono valide in Europa; forse anche grazie alla colossale macchina della propaganda statale, di cui fino a pochi anni fa si aveva poca coscienza.

    I paesi europei e l’Unione Europea, però, si sono affidate a una sorta di pensiero magico, prendendo una serie di decisioni utili a evitare crisi e tensioni nel breve termine, ma che sul lungo periodo hanno inclinato il piano a favore della Russia.

    La scelta di comprare forniture sempre più ingenti di gas naturale russo aveva senso per avvicinare sempre di più la Russia all’Europa. Era stata la grande scommessa di Angela Merkel, l’unica politica occidentale che in tutti questi anni ha mantenuto un dialogo costante con Putin. Secondo alcuni, il ragionamento di Merkel era il seguente: maggiori legami la Russia riuscirà a sviluppare con l’Europa, anche solo di tipo commerciale, minori saranno le possibilità che la Russia si isoli sempre di più dal mondo occidentale. Come sostiene una dottrina politica di grande successo, infatti, l’interdipendenza è garanzia di pace e stabilità, mentre l’isolamento alla lunga porta a incomprensioni e conflitti.

    Certo, in questo modo anche la Russia è diventata in qualche modo dipendente dal mercato europeo, che ogni anno garantisce entrate di 50 miliardi di euro soltanto per il gas naturale. Ma anticipando un eventuale peggioramento delle relazioni, che alla fine è avvenuto davvero, ha preso le dovute contromisure, come faceva notare qualche settimana fa il Financial Times:

    CITAZIONE
    «Già dal 2015 il governo russo ha obbligato i propri cittadini più ricchi a far rientrare in Russia il proprio patrimonio, vietando ulteriori esportazioni all’estero. Mosca ha anche accumulato riserve d’oro e di valute straniere per circa 546 miliardi di euro, dei quali soltanto un sesto è in dollari. Le entrate derivanti da petrolio e gas naturale sono state parzialmente convogliate in un fondo sovrano da 167 miliardi di euro, mentre il proprio debito pubblico rappresenta appena il 20 per cento del PIL».

    In altre parole: la Russia ha molto meno bisogno dell’Europa di quanto l’Europa abbia bisogno della Russia. Così facendo, fra l’altro, si è anche messa sempre più al riparo dalle sanzioni occidentali.

    Nel 2014, quando migliaia di soldati russi in incognito invasero e occuparono la Crimea, l’Europa rispose con sanzioni economiche piuttosto dure, e ottenne di escludere il presidente russo dalle riunioni del G8. La linea di pensiero era sempre la stessa: prima o poi la forza di gravità delle misure prese avrebbe costretto Putin a tornare sui propri passi.

    Nel brevissimo termine l’Europa aveva evitato di innescare una guerra aperta. Intanto però non stava seguendo l’esempio della Russia, magari accelerando notevolmente la transizione verso le energie rinnovabili o cercando di diversificare i paesi da cui acquistare gas naturale. Anzi.

    Fra il 2015 e il 2021 la quota di gas naturale proveniente dalla Russia sul totale fra prodotto e importato all’interno dell’Unione Europea ha registrato un lieve aumento. E in alcuni dei paesi più grandi, come ha notato Federico Fubini sul Corriere della Sera di mercoledì, la stima è notevolmente aumentata: «La quota russa nell’import tedesco di gas è passata dal 41 per cento del 2014 al 49 per cento del 2019, fino al 65 per cento del 2020. Quella italiana è salita dal 43 per cento al 47 per cento».


    (grafico del think tank Bruegel)

    Al contempo si è inceppato un processo che sembrava irreversibile, cioè l’adesione all’Unione Europea dei paesi dell’Europa centrale e orientale che avevano fatto parte dell’Unione Sovietica o del Patto di Varsavia. La forza di attrazione dell’Unione è rimasta la stessa – per un paese piccolo e povero aderire all’UE significa avere accesso a opportunità impensabili, da fuori – ma all’interno dell’Unione si è rafforzata la percezione che ad alcuni paesi sia stato permesso di entrare nonostante i tempi non fossero ancora maturi.

    Sono proprio i paesi dell’Europa centro-orientale, come per esempio sottolinea spesso il presidente francese Emmanuel Macron, che oppongono resistenza a maggiori cessioni di sovranità alle istituzioni europee, a passi in avanti sui diritti civili, la parità di genere, e molti altri temi ancora. Sono i motivi per cui, per esempio, l’Albania e la Macedonia del Nord stanno faticando moltissimo per entrare nell’Unione Europea, molto più di quanto abbiano fatto ai tempi la Romania o la Bulgaria. Nel caso di altri paesi la procedura di adesione si è interrotta o non è mai iniziata.

    La Russia è riuscita a sfruttare a proprio vantaggio questa situazione, per esempio attirando a sé paesi che fino ad alcuni anni fa sembravano candidati ideali per entrare nell’Unione come la Serbia. E ancora oggi, anche se pochi paesi sono disposti ad ammetterlo, per riportare l’Ucraina nella propria area di influenza è disposta a fare molto di più di quanto l’Unione Europea e i governi europei sembrino disponibili a offrire. L’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea è scomparso dal dibattito, benché negli anni scorsi fosse stato fatto qualche progresso e da un recente sondaggio è emerso che circa il 62 per cento degli ucraini sarebbe a favore.

    L’atteggiamento dei governi europei, fra l’altro, rispecchia in pieno quello degli europei. Secondo un sondaggio realizzato a fine gennaio dallo European Council on Foreign Relations (ECFR) e citato di recente da Domani, in Francia, Italia e Germania appena 4 intervistati su 10, circa, ritengono che il proprio paese dovrebbe difendere l’Ucraina in caso di attacco della Russia.

    Se anche la crisi di questi giorni rientrasse, la Russia ne uscirebbe con un controllo più saldo di un pezzo dell’Ucraina orientale: e fra due, tre o quattro anni potrebbe chiedere che l’integrazione nel proprio territorio venga riconosciuta dalla comunità internazionale – come ha appena fatto con la Crimea – e applicare di nuovo la stessa strategia con un altro pezzo della vecchia Unione Sovietica. Sempre che nel frattempo non cambi qualcosa nell’approccio europeo.

    . ilpost.it
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    Liga, in arrivo 2,7 miliardi dal fondo Cvc: così il campionato spagnolo mira a raggiungere la Premier. E la Serie A resta indietro

    Si chiama "Impulso" il contratto firmato da La Liga e il fondo di investimenti britannico che inietterà una pioggia di soldi nel calcio iberico: la maggior parte andranno ai club, mentre in cambio Cvc si prende una quota del 10% nell’attività commerciale e un conto di partecipazione per i futuri profitti di questa attività.
    A osteggiare l'accordo Real Madrid e Barcellona, forse per via della Superlega o del timore di avere una concorrenza sempre più forte.


    di Andrea Romano | 23 FEBBRAIO 2022

    Per definire l’accordo sono stati utilizzati termini molto diversi fra loro. I più romantici hanno parlato di una svolta storica, di un’intesa in grado di stravolgere il futuro di un campionato intero. I più concreti, invece, hanno preferito puntare sul lato venale, sottolineando come questa pioggia di quattrini possa davvero annullare il gap fra il torneo spagnolo e la Premier League. Due versioni che non si escludono a vicenda, ma che servono entrambe a delineare i contorni di “Impulso”, il contratto firmato da La Liga e il fondo di investimenti britannico Cvc che inietterà 2,7 miliardi di euro nel calcio iberico.

    Il meccanismo dell’affare è piuttosto interessante. Secondo Marca “è come se la Liga avesse assunto un’agenzia esterna e la pagasse per migliorare la sua attività commerciale” in termini di alleanze strategiche, vendite di sponsorizzazioni, spazi tematici e diritti televisivi. In cambio CVC ha versato 2,7 miliardi di euro per una quota del 10% nell’attività commerciale e un conto di partecipazione per i futuri profitti di questa attività.
    Piccolo dettaglio: si tratta di un prestito agevolato, con tassi di interesse molto più bassi di quelli che verrebbero richiesti nel mercato tradizionale, con un margine di rientro di addirittura 40 anni.
    Ma non finisce qui. Il 90% di questa somma verrà distribuita fra i club, mentre altri 100 milioni saranno divisi fra la Federcalcio spagnola e il Consejo Superior de Deportes, che investirà nel calcio femminile e non professionistico.

    Un vero affare. O almeno così giura Javier Tebas, che qualche giorno fa ha garantito che “questa intesa fornirà ai club l’impulso necessario per fare un balzo in avanti nella professionalizzazione e nello sviluppo”. Le 38 società di LaLiga Santander e LaLiga SmartBank hanno ricevuto un primo pagamento di oltre 220 milioni, che si sommano ai 400 incassati a gennaio, fino a coprire il 35% del totale previsto dal contratto. E si stima che entro luglio 2022 il fondo verserà il primo miliardo di euro. Secondo i dati presentati dalla stampa spagnola, i club hanno investito circa il 70% del denaro proveniente da Cvc per migliorare il proprio sviluppo (fra cui rientrano anche la ristrutturazione degli stadi e il loro adeguamento alle esigente televisive), mentre il restante 30% è stato utilizzato in parti uguali per ottimizzare la loro struttura finanziaria e per estendere il limite salariale, in modo da poter rafforzare ulteriormente la rosa.

    Sempre secondo Marca, poi, piccoli club come Eibar e Tenerife avrebbero utilizzato questo denaro per investimenti sulle infrastrutture, sviluppo internazionale, sviluppo del marchio e del prodotto, reclutamento di talenti, ma anche per mettere a punto un’ambiziosa strategia di comunicazione, un piano di innovazione e tecnologia e un progetto di sviluppo dei contenuti su piattaforme digitali e social network. Un’occasione ghiotta per tutti i club. O quasi. Perché invece il piano Impulso è stato osteggiato fortemente. Soprattutto da Real Madrid e Barcellona. A marzo del 2021 i due club, così come l’Athletic Bilbao, si erano schierati pubblicamente contro il progetto. Una posizione che aveva lasciato perplessi molti osservatori. Qualcuno aveva ipotizzato che i due club, in un momento molto particolare della loro storia, temessero il rafforzamento delle dirette concorrenti. Il dubbio, però, è durato meno meno di un mese. Ad aprile, infatti, si è capito che per Real e Barcellona Impulso era di fatto configgente con il progetto di Superlega presentato e abortito nel giro di qualche giorno.

    Ma non si tratta di un caso isolato. Perché prima di chiudere con LaLiga, Cvc aveva parlato a lungo con la Lega Serie A. L’obiettivo era chiudere un accordo da 1,7 miliardi di euro, ma soprattutto di creare una sinergia con il torneo iberico che potesse mettere in discussione il ruolo di leader continentale della Premier. Solo che che le cose non sono andate come sperato. A lavorare per l’accordo era stato Paolo Dal Pino, che aveva allacciato i contatti con il fondo britannico e aveva intavolato le trattative. E l’idea di poter chiudere l’affare si è sgretolata quasi subito. Tanto che a marzo ogni discorso era già impantanato. “Colpa” del no arrivato da Juventus, Inter, Atalanta, Fiorentina, Lazio, Napoli e Verona, che hanno chiesto alla Lega di soprassedere. Le motivazioni erano piuttosto assortite: si andava dalla paura di svendere sui mercati internazionali i diritti televisivi, fino alla difficoltà di chiarire alcuni aspetti normativi della questione, passando per una diffidenza verso la sinergia con LaLiga. Tradotto: i presidenti del calcio made in Italy pensavano di poter guadagnare molto più dal proprio prodotto rispetto a quanto offerto da Cvc. Una visione strategica completamente diversa da quella mostrata dai club spagnoli.
    Ora bisogna vedere se i soldi che stanno piovendo su LaLiga saranno sufficienti a spingere le società iberiche avanti di 20 anni. E se così fosse, il calcio italiano sarebbe rimasto ancora una volta indietro.

    . ilfattoquotidiano.it
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    CITAZIONE (Dr. FeelGood @ 23/2/2022, 16:24) 
    Ma non è vero che ha i piedi duri. Anzi, altrimenti non riuscirebbe in certe giocate. Semplicemente spesso forza la giocata. Brahim a volte sembra non ci provi manco ed è un peccato. Speriamo che con i campi più leggeri si riprenda

    Dicevo dei piedi per fare assist, Max. Anche da sottopunta fatica con le misure dei passaggi.
    Non di certo per tirare in porta.
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    La prima delle 12 finali.
    Facciamo i nostri pronostici.
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    Milan-Udinese dove vederla: Sky o DAZN? Canale tv, diretta streaming, formazioni della partita

    23 feb 2022 08:15

    milan-udinese

    La formazione di Stefano Pioli nell'ultimo weekend di campionato ha acciuffato il pari per 2-2 grazie a un goal di Rebic al 77' contro un'ottima Salernitana: andati in vantaggio con Messias, i rossoneri sono stati rimontati da Bonazzoli e Djuric, portando comunque a casa un punto pesante anche in virtù degli stop di Inter e Napoli e mantenendo la vetta della classifica. Milan in striscia positiva da 4 gare consecutive in Serie A: l'ultimo ko risale al 17 gennaio, quando lo Spezia è uscito da San Siro con un 1-2 nel finale.

    Anche la squadra di Gabriele Cioffi è reduce da un pari: alla Dacia Arena i bianconeri sono riusciti a fermare la Lazio di Maurizio Sarri, andando anche in vantaggio al 5' con Deulofeu. La rete di Felipe Anderson in chiusura di primo tempo ha poi fissato il risultato sull'1-1. L'Udinese si trova a +4 dal Cagliari, terz'ultima in classifica e in zona retrocessione.

    All'andata a Udine 1-1 con diversi colpi di scena: passata in vantaggio al 17' con un gran goal di Beto, la formazione di Cioffi è stata raggiunta da quella di Pioli al 92', con il goal decisivo di Ibrahimovic.

    ORARIO MILAN-UDINESE
    La gara tra Milan e Udinese, in programma venerdì 25 febbraio 2022, verrà disputata allo stadio "San Siro" di Milano: il fischio d'inizio è fissato alle ore 18:45 e sarà l'anticipo del 27° turno di Serie A.

    DOVE VEDERE MILAN-UDINESE IN TV
    Sarà possibile seguire Milan-Udinese in diretta e in esclusiva su DAZN: basterà scaricare l'app su una moderna Smart TV o su Android TV, grazie a dispositivi come Google Chromecast o Amazon Fire TV Stick.

    TELECRONISTA E SECONDA VOCE
    Il telecronista della sfida tra Milan e Udinese, in esclusiva su DAZN, sarà Pierluigi Pardo: accanto a lui ci sarà Siimone Tiribocchi in commento tecnico.

    MILAN-UDINESE IN DIRETTA STREAMING
    Milan-Udinese sarà visibile in diretta streaming sempre su DAZN: in questo caso basterà scaricare l'app su dispositivi mobili, ovvero smartphone e tablet, ma anche su PC e Notebook. In alternativa per gli abbonati sarà sufficiente accedere al sito della piattaforma.

    PROBABILI FORMAZIONI MILAN-UDINESE

    Nel Milan ancora out Ibrahimovic: mancherà anche Bennacer, squalificato. Tra i pali giocherà come al solito Maignan, protetto da Calabria, Tomori, Romagnoli e Theo Hernandez. In mediana Kessié e Tonali agiranno alle spalle di Messias, confermato, Brahim Diaz e Rafael Leao. Giroud sarà il punto di riferimento centrale.

    Nell'Udinese indisponibile Nuytinck, in difesa davanti a Silvestri andranno Becao, Marì e Perez. Mediana a cinque composta da Molina, Walace, Arslan, Makengo e Soppy: la coppia d'attacco sarà composta dall'ex Deulofeu e da Beto.

    MILAN (4-2-3-1): Maignan; Calabria, Tomori, Romagnoli, Theo Hernandez; Kessié, Tonali; Messias, Brahim Diaz, Rafael Leao; Giroud. All. Pioli

    UDINESE (3-5-2): Silvestri; Becao, Marì, Perez; Molina, Walace, Arslan, Makengo, Soppy; Deulofeu, Beto. All. Cioffi

    . goal.com


    Milan-Udinese: Lazetic verso la convocazione, Ibrahimovic ancora out
    Rossoneri al lavoro in vista della partita di venerdì contro i friulani: presente tutta la dirigenza a Milanello


    ● 23.02.2022 17:04

    Milan al lavoro in vista della partita di venerdì alle 18.30 contro l'Udinese: la squadra di Stefano Pioli, che vuole confermare il primo posto nella classifica di Serie A e ripartire immediatamente dopo il pareggio di Salerno, ha svolto una seduta mattutina, dove per la prima volta si è visto Marko Lazetic.

    L'attaccante serbo, classe 2004, ha lavorato per la prima volta in gruppo dal suo arrivo a Milanello dopo un mese di sedute differenziate, decise dallo staff tecnico per migliorare la sua condizione fisica ed atletica. Il giocatore potrebbe essere convocato per il match di venerdì a San Siro. Ancora nessuna novità per Zlatan Ibrahimovic, che, alle prese con l'infiammazione al tendine d'Achille, non si è allenato con la squadra: difficilmente sarà a disposizione per la sfida contro i friulani, l'obiettivo è il derby di Coppa Italia in programma martedì prossimo.

    A Milanello presente tutta la dirigenza
    A sostenere la squadra al centro sportivo di Carnago c'erano anche Ivan Gazidis, Paolo Maldini e Frederic Massara. Gli uomini di Pioli hanno svolto una seduta mattutina, con riscaldamento, esercitazioni tecniche e tattiche e classica partitella. "Dopo l'attivazione muscolare in palestra - recita la nota del club - la squadra è scesa sul campo ribassato per proseguire il lavoro con alcuni torelli a tema e, successivamente, una serie di esercitazioni tecniche con le sagome. Il lavoro sul possesso ha preceduto la parte tattica dell'allenamento odierno e la partitella su campo ridotto, che ha concluso la sessione odierna".

    . corrieredellosport.it


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    La differenza è che Rebic, pur avendo, diciamo, più visione di gioco rispetto a Diaz, ha però dei piedi come ferri da stiro. :D
    Comunque sia Rebic lo adoro per come si atteggia in campo: altruista e vede la porta, anche se, molte volte prima di inquadrare lo specchio, tira della roba inguardabile. :D
29539 replies since 4/2/2008
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